Sabato 22 Ottobre 2022
Sei mesi di reclusione per aver riportato la notizia della causa di lavoro promossa contro l'ex ministra Teresa Bellanova dal suo ex addetto stampa. È la richiesta che un pm onorario del tribunale di Lecce ha formulato al giudice monocratico al termine dell'udienza di dibattimento nei confronti di tre giornalisti, uno di La7, una del fattoquotidiano.it e una del Tempo, imputati per diffamazione a mezzo stampa dopo una querela presentata dall'ex ministra Bellanova.
Sulla vicenda dell'ex addetto stampa che aveva citato in giudizio l'esponente di Italia Viva per vedersi riconoscere il giusto inquadramento contrattuale e la giusta retribuzione c'è stata recentemente una sentenza della Corte d'Appello di Lecce che ha accolto le richieste del lavoratore e condannato l'ex ministra. Nonostante tutto, il procedimento penale per diffamazione a mezzo stampa, nel quale è imputato anche l'ex addetto stampa e per il quale la richiesta del pm onorario è di un anno di reclusione, va avanti.
“C’è da chiedersi in che Paese e in quale democrazia vogliamo vivere. Ancora una volta viene chiesta la pena del carcere per giornalisti che hanno semplicemente svolto il loro lavoro. Tra l’altro, nel caso in questione, i fatti erano acclarati - commenta il presidente dell'Ordine nazionale dei giornalisti, Carlo Bartoli - Abbiamo avuto la pronuncia della Corte Costituzionale e numerosi richiami dalle istituzioni europee per il permanere della pena detentiva per il reato di diffamazione a mezzo stampa. Troviamo quindi inaccettabile che, per una vicenda abbastanza chiara, come quella relativa al “caso” Bellanova, un magistrato chieda ben sei mesi di reclusione per i giornalisti. Auspichiamo - conclude il presidente Bartoli - che il nuovo Parlamento metta una volta per tutte la parola fine a questa aberrazione.”
“Continua il corto circuito di una legge che va modificata, anche di fronte ad un pronunciamento netto della Corte Costituzionale - osserva il presidente dell'Ordine dei giornalisti della Puglia, Piero Ricci - il carcere per i giornalisti è un'aberrazione che si perpetua e che fa scivolare l'Italia in basso nella classifica dei Paesi che non tutelano adeguatamente la libertà di stampa".
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