Confronto tra Magistratura e Stampa, confronto tra ANM, Ordine dei giornalisti della Puglia e Ordine degli avvocati di Bari

Sabato 24 Dicembre 2022

Stampa

Il 12 dicembre scorso al teatro Piccinni di Bari si è svolto un incontro organizzato dall’ANM sui rapporti tra magistratura e stampa alla luce del decreto legislativo 188 del 2021, con la partecipazione tra gli altri del Sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto e del presidente della ANM Giuseppe Santalucia.

Questo l’indirizzo di saluto del presidente dell’Ordine dei giornalisti della Puglia Piero Ricci.

«Buonasera alle autorità. Un ringraziamento particolare all’Associazione nazionale magistrati-Distretto della Corte d’Appello di Bari e all’Ordine degli avvocati di Bari con cui l’Ordine dei giornalisti della Puglia condivide lo svolgimento di questo incontro anche come occasione di aggiornamento professionale.

Anche, appunto.

Siamo in un teatro. Ma non siamo qui, evidentemente, per dare spettacolo. Magistrati, avvocati e giornalisti avvertono la necessità di riflettere su “Magistratura e stampa”, direi sul “nuovo” rapporto tra magistratura e stampa che impone il decreto legislativo 188/2021 a un anno dalla sua entrata in vigore, in attuazione della direttiva europea sulla presunzione di non colpevolezza.

Il contenuto del decreto legislativo ha complicato non poco il lavoro del giornalista, il diritto di cronaca e quindi il diritto dei cittadini di essere correttamente informati. Ecco: “correttamente”. Cosa significa “Correttamente”?

Certamente il rigore nella ricerca della verità sostanziale dei fatti, la verifica dell’utilità sociale delle notizie, un linguaggio sobrio della scrittura e delle espressioni verbali.

Correttamente, però, significa avere la possibilità di poter consultare più fonti, di conoscere più dettagli per avvicinarci il più possibile alla verità sostanziale dei fatti che è il patto morale tra giornalisti e cittadini, democrazia e informazione. Tra magistrati e giornalisti, tra avvocati e giornalisti. Tutti al servizio della democrazia, della legalità.

Il decreto legislativo 188 aiuta il giornalista ad esercitare “l’obbligo inderogabile di rispettare la verità sostanziale dei fatti”? Una disposizione questa (“il rispetto della verità sostanziale dei fatti” come “obbligo inderogabile”) contenuta nella legge istitutiva dell’Ordine, nello stesso articolo in cui si spiega che “il diritto insopprimibile” dei giornalisti come la libertà d’informazione e di critica” è “limitata dall’osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui”. Sono norme del 1963, ancora attuali. Che insegniamo nelle redazioni e nei master di giornalismo. Insieme al testo unico dei doveri del giornalista che dedica l’articolo 8 alla cronaca giudiziaria e ai processi in tv. Un articolo del nostro codice deontologico che condensa ciò che nel lontano 1993, in piena Tangentopoli, molto prima della stessa direttiva europea, imponeva la Carta dei doveri del giornalista in tema di presunzione d’innocenza: “In tutti i casi di indagini o processi, il giornalista deve sempre ricordare che ogni persona accusata di un reato è innocente fino alla condanna definitiva e non deve costruire le notizie in modo da presentare come colpevoli le persone che non siano state giudicate tali in un processo”. Questa regola “resiste” dal 1993.

Il tema della dignità delle persone dunque non ci è estranea. Come non dimentichiamo che la tv che ha fatto vedere i processi ha avuto una funzione pedagogica per i cittadini che hanno scoperto come si esercita uno dei poteri dello Stato e, quindi, come “funziona” la giustizia.

Lo stesso ministro Carlo Nordio, in un’intervista al Corriere della Sera, ha osservato come “il pendolo che ha a lungo oscillato verso la divulgazione forsennata ora è completamente dall’altra parte”. Ed ha osservato che “va rimodulata la norma per conciliare il diritto all’informazione dei cittadini e quello dei singoli a non veder divulgate notizie segrete e intime che li riguardano”.

Il presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, Carlo Bartoli, si è detto pronto a partecipare a un tavolo di confronto, così come ha fatto anche il segretario generale della Federazione della Stampa Raffaele Lorusso.

E anche questo incontro va, a nostro giudizio, in questa direzione. Non solo per evitare che un magistrato possa incorrere in un procedimento disciplinare per aver esercitato un lavoro non suo che gli impone la legge. Né l’Ordine dei giornalisti vuole sottrarsi all’esercizio di una giustizia domestica che “sanzioni” i comportamenti dei giornalisti che violano le regole alla base dell’equilibrio tra diritto di cronaca e tutela della dignità delle persone. Lo ribadisco in questa sede: mi aspetto impulsi e segnalazioni contro nostri iscritti che non osservano le regole deontologiche, e non solo quelle relative alla presunzione d’innocenza, per rinnovare il patto con i cittadini: non ci interessa una difesa di casta. Ci interessa continuare a coltivare il nostro sentimento per la democrazia.

Ma non devono esserci bavagli. Né sotto forma di decreti legislativi, né sotto forma di querele temerarie. 

Mi piace ricordare, in conclusione, l’adagio della stampa americana citato da Christophe Berti, il direttore di “Le Soir” il giornale belga che ha indagato sull’Euroscandalo o Qatargate: “Se non vuoi che sia scritto, non farlo”».